domenica 18 dicembre 2011

LA LIBRERIA DI LAVINIA




"LA LIBERTA’ INTERIORE è la libertà di piacersi, prima che di piacere, di smetterla di compiacere gli altri sacrificando parti importanti si se stessi,di dare senza pensare di ricevere,di scegliere di amare qualcuno anche per una sola ora. La libertà di non dover concigliare, mediare, essere diplomatici tra la propria visione delle cose e quella diversa degli altri. La libertà di assaporare tutto della vita in maniera lenta e con gusto. La libertà di non smettere mai di sognare.
La libertà di rimanere in silenzio a leggere.”

Lavinia aveva scritto in rosso questo suo personale concetto a caratteri cubitali sul soffitto bianco della sua “ creazione”, la libreria-caffetteria. Era una donna che si sapeva mimetizzare bene, aveva gli occhi azzurri e capelli castani cortissimi, era di una bellezza che poche portano con così tanta disinvoltura, come solo le nobildonne d’altri tempi sapevano gestire.

La libreria di Lavinia era un luogo speciale, un brandello di tempo per certi versi immobile e per altri in continuo movimento. In movimento verso le persone.
Non era come quelle grandi librerie fast-food, quelle dove la gente entra e “consuma”, l’ultima novità, il libro più pubblicizzato, o quello da cui hanno tratto l’ultimo grandioso film, oppure quello coloratissimo che riempie tutta la vetrina , con decine di copie disposte ad arte secondo il merchandising dettato dai soldi di chi lo sta lanciando…
Non era come uno di quei luoghi pieni di luci, scaffali ordinatissimi, disposti per genere ed età del consumatore, con la musica giusta in sottofondo, volutamente stile supermercato, con tanto di commesse che di libri non ne capiscono nulla, perfettamente truccate e perfettamente inguainate nelle loro divise di giovani donne-veline alla moda delle belle statuine, capaci di raccontare solo del luogo più trendy dove passeranno il sabato sera, alla collega e a tutti i clienti in coda alla cassa.
La libreria di Lavinia era la SUA libreria… suo era ogni scaffale, magari un po’ in disordine perché non riusciva a trovare mai il tempo perché tutto fosse perfetto. SUO era ogni libro, di cui conosceva la storia, l’autore, il percorso esatto che aveva fatto prima di posarsi sul suo bancone ed essere catalogato e disposto con cura laddove i suoi ospiti, quelli che in qualunque altro posto si chiamerebbero “ i clienti”, lo troveranno, dopo che lei in persona lo avrà consigliato secondo i gusti e la personalità di colui a cui è diretto.
Suo era lo “spirito della libraia”, ereditato, trasmesso come un DNA, passato da due occhi ad altri due,da una mano ad un’altra, da un cuore ad un altro…lo spirito del suo vecchio amico Gianni, libraio storico della città, che aveva passato già cinquant’anni in quel luogo incantato quando una Lavinia di anni sette varcò la soglia e s’innamorò del mondo della carta, dell’alchimia tra parole scritte e figure, e delle storie raccontate quasi sottovoce da quell’omone con la barba che le aveva aperto la porta del Paradiso dei Libri. Da quel giorno speciale Lavinia aveva passato ogni pomeriggio di tutta la sua infanzia prima ed adolescenza poi, imparando goccia a goccia l’arte, o meglio “il mestiere”,come all’apprendista piano piano s’incarna la maestria di un rito, consacrando la passione innata che si “sente” ma non s’impara, per un lavoro compagno di vita, l’Artigiano.
E come il falegname parla del suo mobile, costruito passo passo, levigato,profumato di cera, o come la sarta racconta dell’abito sul manichino, pronto per esser consegnato, dopo che da lei stessa è stato tagliato e cucito, coccolato con le mani e il ferro da stiro. Così Lavinia, la libraia-artigiana amava ognuno di quegli oggetti che,anche se non erano stati costruiti da lei, da lei erano stati cercati, inseguiti presso i distributori, ordinati, attesi, letti tutti d’un fiato...e quando erano davvero speciali ne aveva cercato l’autore e lo aveva presentato alla città nella sua piccola libreria, perché ogni libro possiede un’anima… quella di chi lo scrive. E infine li lasciava andare solo se in mani sicure, come si affida una persona cara a chi si è certi la capirà.

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